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Rhapsody

Epifanie fotografiche

Un guardare che oppone alla desertificazione del futuro il contraddittorio del presente.
La scintilla della serendipity, quella felice condizione esistenziale che consiste nell’«essere disposti ad accogliere gli incidenti come piccoli miracoli laici, delle vere e proprie epifanie fotografiche»
(Chéroux,2009, p. 97)2

Rhapsody racconta il senso ontologico dell’abitare l’ambiguità, un percorso che si apre all’ombra del bosco, perché se è rischioso entrare nel mondo oltre il confine, lo è ancora di più lasciarlo.

Sono i luoghi che ti parlano, ma lo fanno quando decidono loro.

Porre domande alla realtà, certe volte è infinitamente più importante che pretendere
risposte. Al limite queste arriveranno – forse. Le immagini ci parlano del territorio interiore dell’autore e dei suoi espaces vécues le fotografie disegnano intanto una geografia speciale fatta di corpi, spazi, cose e sguardi.
Abbandonare l’idea della ricerca di un paradiso, di una terra pura e ingenua è uno dei passi necessari per ritrovare la dignità dei luoghi considerati minori; idealizzarli, raccontarli come diversi significa comunque operare una divisione netta tra noi e loro, e solo attraversandoli senza aspettative riusciremo a guardarli per quel che sono: lo sguardo astigmatico, col suo posarsi confuso e allarmato sulle cose, si rende necessario per annullare ogni separazione in un mondo che diviene così uno senza perdere di molteplicità. A-stigmatico, svuotato di pregiudizi.